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Per la Giornata internazionale della donna, le sorelle Mendini riflettono su Mara Voce, un vaso del progetto 100% make-up, e sulla scelta voluta del padre di firmarlo con un nome femminile. In questa intervista, esplorano il significato di questo escamotage creativo e un inaspettato legame familiare.

8 Marzo 2025

1. Partiamo da un nome, Mara Voce, autrice di uno dei 100 vasi 100% make-up, un progetto coordinato da vostro padre che ha visto la partecipazione di cento autori di discipline creative diverse, invitati a ideare una decorazione per un medesimo vaso disegnato dallo stesso Mendini. Chi è Mara Voce?

Mara Voce è una giovane designer brasiliana, è un personaggio immaginario, è Alessandro Mendini, è un omaggio al mondo femminile, è un volto gentile e uno sguardo enigmatico su un vaso.

2. Non sappiamo esattamente perché Mendini abbia scelto di firmare con un nome femminile e abbia anche optato per un nome così evocativo e ricco di rimandi, ma in esso possiamo trovare anche il riverbero del suo atteggiamento nei confronti del progetto? 

Non conosciamo il pensiero di Alessandro Mendini nella scelta del nome Mara Voce per questo vaso dal volto umano. Forse un gioco di suoni e assonanze: Mara Voce /Voce Amara; forse vi è una traccia nel buddismo. La scelta di Alessandro Mendini di nascondersi dietro un nome femminile potrebbe essere un richiamo a una sua personalissima ricerca sull’architettura come guscio morbido, protettivo, femminile contro il progetto duro, spigoloso, maschile.
Scrive Mendini: “È il fascino, per così dire, del progetto ‘molle’ contro l’ostentata sicurezza del progetto ‘duro’, quello premonitore, demagogico, che nasce più per affermare sé stesso e le sue regole, che per esistere in quanto nuova realtà. I materiali del progetto duro sono quelli del costruire classico: pietra, ferro, cemento, metallo, vetro. Invece è proprio dentro all’arredamento, cioè dentro al guscio più protettivo e più vicino all’uomo, che esiste l’essenza del progetto molle. Quali sono i materiali per il progetto molle? Sono la stoffa, il colore, il clima, la memoria, la luce, che toccano e accarezzano il corpo senza fargli male. Allora tutti gli oggetti, le stanze, le facciate, gli archi, le statue, i mobili soffici e molli. Perché l’architettura è fatta di parti nude e ostili, che i materiali molli riscaldano, rivestono, attutiscono, riconducono nel ventre materno.”

3. Mendini e Mara Voce: nella vostra famiglia c’è stata un’altra artista che ha presentato alcune delle sue opere con uno pseudonimo, c’è forse un dialogo ideale fra le due scelte?

Marieda Di Stefano era nostra prozia, sorella della nonna Fulvia, mamma di nostro padre. Marieda era una collezionista appassionata e una bravissima ceramista, una donna estroversa e generosa. Nella Casa Museo Boschi Di Stefano dove sono esposti i quadri della grande collezione raccolta insieme al marito Antonio Boschi e donata in seguito al Comune di Milano, vi sono alcune sue sculture in ceramica.Sono busti di donne dalle forme morbide e gentili, figure senza testa, che ricordano le ceramiche precolombiane.Zia Mini (soprannome di famiglia) firmava le sue opere sotto lo pseudonimo di Andrea Da Robbio e come per il gioco misterioso creato da nostro padre con Mara Voce, non sappiamo se lei avesse deciso di nascondere la sua identità perché ai suoi tempi era difficile essere una donna artista, ma sicuramente era un suo personale omaggio ai ceramisti della famiglia Della Robbia che amava. Entrambi hanno scelto un loro doppio, Alessandro una donna, Marieda un uomo. È curioso che due persone nella stessa famiglia, abbiano deciso di rappresentarsi con un personaggio diverso.